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  • Redazione

UNA CRISI STRUTTURALE E DI LUNGO PERIODO DELL’ECONOMIA REALE

La crisi in corso dall’inizio del secolo è la manifestazione di un processo di trasformazione radicale della struttura economica dei paesi avanzati da economie manifatturiere a economie della conoscenza (Kuznetz, 1965).


La crisi si è manifestata con particolare asprezza sul piano finanziario, ma è prima di tutto una crisi dell’economia reale.

Del resto tutte le crisi di una certa rilevanza assumono ad un certo punto anche carattere finanziario, né potrebbe essere diversamente. Si tratta infatti di una crisi profonda radicata nei processi di trasformazione delle basi dell’economia, iniziata con la grande crisi del 2001, e destinata a durare alcuni lustri (Antonelli, 2010).


Il processo che ha portato alla crisi è in corso da alcuni decenni. La base manifatturiera delle economie dei paesi avanzati è stata progressivamente erosa dalla globalizzazione che ha consentito l’entrata sui mercati internazionali di economie, caratterizzate da salari bassissimi uniti a condizioni inusitate di impiego della manodopera, e ha determinato, di conseguenza, la progressiva modificazione delle regole della divisione internazionale del lavoro. Il vantaggio competitivo dei paesi avanzati nei prodotti dell’industria manifatturiera si è progressivamente ridotto, sin dalla fine del XX secolo.


Questa evoluzione della divisione internazionale del lavoro non è solo la conseguenza del differenziale dei costi del lavoro. La liberalizzazione dei movimenti dei capitali ha infatti consentito l’accesso dei paesi di nuova industrializzazione ad un mercato globale, anche del capitale, con differenziali del tasso di interesse via via minori. Si è così prodotta una doppia globalizzazione: una globalizzazione dei mercati dei prodotti e una globalizzazione del capitale.


Le logiche fondamentali della divisione internazionale del lavoro ne sono state scosse, riducendo drasticamente il vantaggio competitivo dei paesi avanzati anche nelle produzioni ad alta intensità di capitale. Parallelamente all’accesso dei paesi di nuova industrializzazione ad un mercato globale dei capitali relativamente omogeneo, infatti, imponenti flussi di investimenti esteri diretti provenienti dai paesi avanzati hanno delocalizzato anche produzioni manifatturiere ad alta intensità capitalistica favorendo ulteriormente l’ accelerata industrializzazione dei paesi di nuova industrializzazione e la forte crescita della loro intensità capitalistica (Stiglitz, 2010).


La doppia globalizzazione ha minato le basi della competitività dei paesi avanzati che non potevano ricorrere al classico aumento della specializzazione nelle produzioni ad elevata intensità di capitale, ormai facilmente disponibile, sia in termini di capitale finanziario che di tecniche produttive, anche ai paesi di nuova industrializzazione.


Applicando il modello Schumpeteriano della reazione creativa, si può argomentare che paesi avanzati abbiano reagito al concreto rischio di declino che si profilava, abbandonando ogni forma di adattamento, attraverso un imponente processo innovativo di carattere sistemico che ha coinvolto l’intero apparato economico e istituzionale.


La reazione creativa, innescata dalla doppia globalizzazione, ha portato all’ introduzione di un’ onda (gale) di innovazioni radicali che si sono concretizzate nella formazione di un nuovo sistema tecnologico ‘digitale’ basato dapprima sulle tecnologie dell’ informazione e della comunicazione e poi su bio e nano tecnologie (Schumpeter, 1947).


La formazione del nuovo sistema tecnologico può essere collocata negli ultimi lustri del XX secolo. Il suo sfruttamento economico è tutt’ora in corso. I processi di adozione creativa, alimentati da onde successive di innovazioni incrementali che ne caratterizzano la diffusione, sono ancora nelle fasi iniziali anche nei paesi più evoluti (Schumpeter, 1939).


L’introduzione del nuovo sistema tecnologico digitale nel sistema economico ha innescato una serie di profondi cambiamenti strutturali che hanno progressivamente assunto connotati sempre più netti ed evidenti.


Le tecnologie digitali consentono di aumentare significativamente la capacità di generare e sfruttare la conoscenza come un bene economico.

Le tecnologie digitali consentono di introdurre routines di raccolta, archiviazione, selezione, valutazione, interazione, distribuzione e controllo, anche remoto, di quantità elevatissime di dati e informazioni e di estrarre da esse conoscenza.


Le tecnologie digitali offrono l’opportunità di fondare il vantaggio competitivo dei paesi evoluti sulla generazione della conoscenza proprio in quanto ne consentono la trasformazione da un’attività artigianale e sostanzialmente individuale ad un attività basata su procedure evolute che coinvolgono l’intero sistema economico (Stephan, 2011).


L’ economia digitale può diventare così un’economia della conoscenza. La spinta verso l’economia della conoscenza è resa possibile dalle tecnologie digitali, ma è anche il risultato dell’opportunità di valorizzare il capitale umano come l’unica risorsa produttiva per la quale i paesi avanzati hanno un’effettiva abbondanza relativa. La generazione e lo sfruttamento della conoscenza diventano così il nuovo fondamento del vantaggio competitivo dei paesi avanzati (Antonelli, 2012).

La capacità di produrre capitale umano e di generare conoscenza dei paesi evoluti non trova riscontri nel resto dell’economia mondiale.


La complessità dei meccanismi istituzionali che presiedono alla definizione di questa capacità assume infatti carattere di vera e propria barriera all’entrata.


In termini relativi e forse anche assoluti i paesi avanzati sono oggi tali proprio in quanto detengono in modo pressoché esclusivo la capacità di produrre e usare capitale umano per produrre e sfruttare la conoscenza come bene economico. La capacità di produrre e usare capitale umano per generare e sfruttare la conoscenza come bene economico è del resto a sua volta il risultato di un processo di specializzazione di lunghissima durata (Antonelli, 2010).


La capacità di generare conoscenza e capitale umano acquisisce il carattere di nuova dotazione fattoriale distintiva dei paesi avanzati.


La direzione del cambiamento tecnologico ne è fortemente influenzata. Il cambiamento tecnologico in corso infatti non solo è radicale, ma anche e forse soprattutto fortemente direzionale.


La nuova direzionalità del cambiamento tecnologico in favore dell’impiego di lavoro con alto contenuto di capitale umano e della riduzione dell intensità di capitale fisso scaturisce dalla ricerca della massima congruenza tra tecnologia e abbondanza relativa di fattori produttiv