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da Umanesimo & Tecnologia al Centro Studi Carabinieri 4.0

Dalla genesi accademica al posizionamento operativo del Centro Studi

Il Centro Studi si colloca come l’ultima tappa, operativa e consapevole,  di un percorso iniziato oltre trent’anni fa con Umanesimo & Tecnologia e passato, negli anni Duemila, attraverso la sperimentazione concreta di Rebel Alliance Empowering nell’industria dei contenuti. Non nasce quindi “da zero”, ma da una memoria lunga: una linea continua di lavoro che ha osservato la trasformazione digitale prima come oggetto di analisi, poi come terreno di pratica sul campo, e oggi come contesto in cui progettare innovazione sociale, sicurezza partecipata e cultura digitale.

Alla fine del Novecento, quando il digitale veniva raccontato soprattutto in termini di hardware, software e connessioni, Umanesimo & Tecnologia sceglieva una prospettiva diversa: il problema non era solo “imparare il computer”, ma capire che cosa accade a una società educata all’analogico quando il mondo comincia a pensare, comunicare e organizzarsi secondo la logica del codice. Da qui l’attenzione al digital divide come frattura culturale, non solo tecnologica, e l’intuizione che servisse una nuova figura: il mediatore della cultura digitale, capace di tenere insieme linguaggi umanistici, competenze tecniche e capacità di tradurre il cambiamento in percorsi comprensibili per cittadini, istituzioni e organizzazioni.

 

Questa lente ha portato, già allora, a leggere il digitale come fatto antropologico e simbolico: un cambiamento dell’immaginario collettivo, dei tempi mentali, delle forme della relazione e del lavoro.
Non una lotta “umanesimo contro tecnologia”, ma la ricerca di un equilibrio in cui la tecnica venisse interrogata sul senso, sui limiti, sugli effetti sociali, invece di essere subita o idealizzata.
Molti nodi che oggi sono al centro del dibattito – dall’educazione critica agli algoritmi al rapporto fra piattaforme, potere e democrazia, fino al ruolo degli innovatori sociali nei sistemi rigidi – erano già presenti, in forma embrionale, in quel laboratorio.


Trent’anni dopo, i documenti sulla trasformazione digitale e sull’innovazione sociale raccontano un’Italia che si muove, ma spesso in posizione di rincorsa.
Il Paese non è immobile, ma tende a reagire al cambiamento più che a guidarlo: parte tardi, procede a scatti, interviene su singoli pezzi (una tecnologia, un bonus, un bando, un adempimento) senza sempre riuscire a costruire un quadro integrato.
Alla base di questa rincorsa si ritrovano proprio i nodi che la ricerca di Umanesimo & Tecnologia aveva intravisto: competenze digitali diffuse ma poco profonde; un tessuto produttivo dominato da micro e piccole imprese schiacciate sull’emergenza del quotidiano; divari territoriali che creano “più Italie” dentro l’Italia; una governance frammentata e discontinua; una cultura organizzativa poco abituata alla sperimentazione, dove l’errore è vissuto come colpa più che come apprendimento.

 

Nel frattempo, la rivoluzione digitale ha cambiato scala: non parliamo più soltanto di PC e connessioni, ma di algoritmi che selezionano ciò che vediamo, intelligenze artificiali generative, piattaforme globali che diventano infrastruttura invisibile della vita quotidiana, dati che definiscono diritti, opportunità, accesso ai servizi. La domanda che oggi orienta il Centro Studi è diretta: come può una comunità, un territorio, un Paese passare dalla posizione di chi insegue a quella di chi prova, per quanto possibile, a governare il cambiamento?

 

Una parte della risposta è stata costruita negli anni attraverso Rebel Alliance Empowering, che rappresenta la traduzione operativa delle intuizioni di Umanesimo & Tecnologia nell’Industria dei Contenuti e dei linguaggi audiovisivi.
Se il primo era un laboratorio di analisi e formazione, Rebel Alliance Empowering è stato, ed è, una bottega di ricerca applicata: cinema, documentari, transmedia storytelling, advertainment, format di divulgazione sono stati usati come strumenti per verificare, con il pubblico reale, che cosa significa usare le tecnologie digitali per spostare immaginari, generare consapevolezza, attivare comportamenti.


In questo contesto, l’industria dei contenuti non è stata trattata come semplice settore commerciale, ma come campo di prova dove testare sul campo alcuni principi: trasformare temi complessi (sicurezza, società del rischio, cultura digitale, dual use, quantistica, ecc.) in narrazioni e esperienze accessibili senza banalizzare; costruire contenuti di scopo capaci di tenere insieme emozione, conoscenza e responsabilità; usare l’audiovisivo e il design delle esperienze come veicoli di innovazione sociale.
Ogni progetto ha funzionato come un prototipo: ricerca a monte, produzione narrativa, sperimentazione con pubblici concreti, ritorno di apprendimento nel metodo.

 

È su questa doppia radice, di riflessione teorica di lungo periodo e sperimentazione operativa sul campo,
che si innesta oggi il posizionamento del Centro Studi.
Non una struttura astratta, né un semplice “ufficio progetti”, ma un luogo che unisce memoria lunga e mestiere operativo, con l’obiettivo di lavorare sull’innovazione sociale, sulla sicurezza partecipata, sulla cooperazione civile–militare (CIMIC), sulla cultura digitale e sulla comunicazione del rischio.

La scelta metodologica che caratterizza il Centro Studi è quella della progettazione circolare.
In un contesto in cui l’Italia spesso insegue il cambiamento con iniziative episodiche e scollegate, il Centro rifiuta la logica dei “progettini” isolati e lavora, invece, su un portafoglio coerente di progetti tra loro connessi. Ogni iniziativa – che riguardi la Protezione Civile, la cultura digitale, l’innovazione sociale, i centri di ascolto, l’educazione civica, la divulgazione scientifica o il dual use, viene concepita come modulo di un’unica architettura.

 

Questo significa che:

  • ogni progetto genera conoscenze, strumenti, relazioni, che non si esauriscono a fine percorso ma vengono riutilizzati in altri contesti;

  • le esperienze maturate in un ambito (ad esempio la comunicazione del rischio nei contesti di Protezione Civile) vengono trasferite alla formazione digitale, alle attività di engagement civico, alla progettazione di servizi alla persona;

  • il territorio diventa un laboratorio permanente, in cui innovazione tecnologica, coesione sociale e sicurezza sono trattate come dimensioni intrecciate, non come mondi separati;

  • la progettazione si sviluppa in cicli: sperimentazione → valutazione → adattamento → rilancio in nuovi progetti.

 

Da fuori, questa progettualità può apparire come una costellazione di temi diversi. In realtà il disegno è circolare: ogni cerchio tocca gli altri, e l’insieme costruisce un ecosistema locale che impara nel tempo, invece di ripartire da zero a ogni bando o emergenza. La lunga esperienza di Rebel Alliance Empowering nell’industria dei contenuti garantisce al Centro Studi la capacità di trasformare analisi e scenari in formati narrativi ed esperienziali; il percorso di Umanesimo & Tecnologia offre la cornice concettuale per leggere il digitale come questione antropologica, educativa e politica; la progettazione circolare fornisce il metodo per collegare i pezzi e mantenerli in tensione verso la stessa direzione.

 

In sintesi, il Centro Studi si posiziona come dispositivo operativo di Umanesimo & Tecnologia nell’epoca dell’algoritmo, alimentato dall’esperienza di Rebel Alliance Empowering: un luogo in cui trent’anni di studi, ricerche e sperimentazioni nell’industria dei contenuti vengono messi al servizio di progetti concreti di innovazione sociale, cultura digitale e sicurezza partecipata, con l’obiettivo di smettere di inseguire il cambiamento e cominciare, per quanto possibile, a pensarlo, narrarlo e governarlo insieme alle comunità che lo vivono.

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