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Vittorio A. Dublino

‘OCEANO BLU’: navigare in un oceano blu piuttosto che competere nell’oceano rosso

Da molto tempo, le imprese conducono una battaglia ‘testa a testa’ con i loro concorrenti, alla ricerca di una crescita sostenuta e redditizia. Queste combattono per il raggiungimento del vantaggio competitivo, di  quote di mercato, lottando per la differenziazione.

Nei mercati sovraffollati di oggi,  intraprendere una lotta frontale con la concorrenza ha come conseguenza il dover competere in un sanguinante “oceano rosso” colmo di rivali che combattono sul piano concettuale di teorie basate su “visioni strutturaliste” (dette  anche:   ‘determinismo ambientale’) che conducono spesso ad un pensiero strategico  ‘competition-based‘,  ovvero  basato  sulla concorrenza. Sebbene molte aziende tendano ancora a competere in questi “oceani rossi” perseguendo le loro strategie strutturaliste , queste strategie diventano obsolete con i cambiamenti in atto nella società e non rappresentano più il motore per una sostenibile crescita futura.

Perchè conducono l’azienda a cercare di ricavarsi una posizione difendibile dalla concorrenza  nello spazio di mercato esistente. Per garantirsi una sostenibilità sul mercato, i responsabili della strategia pongono il focus  sull’obiettivo  di procurarsi  un  vantaggio sulla concorrenza,  generalmente analizzando ciò che  fanno i competitor e sforzandosi di farlo meglio di loro. In quest’ottica,  la conquista di una quota di mercato maggiore “è vista come un gioco a somma zero,  in cui il guadagno  di un’azienda viene ottenuto tramite la perdita di un’altra”. Da ciò  deriva che la concorrenza – cioè  il lato dell’equazione corrispondente alla domanda – diventa la variabile determinante della strategia

La teoria della visione Ricostruzionista, Oceano Blu [1]  Navigare in un oceano blu, piuttosto che competere nell’oceano rosso  


Navigare in un oceano blu, piuttosto che competere nell’oceano rosso, è la metafora che caratterizza un nuovo paradigma elaborato dai due economisti Chan Kim e Renée Mauborgne per l’elaborazione e lo sviluppo di business basati nella ripresa della “teoria della crescita ” elaborata dall’economista  Joseph Shumpeter.

Oceano Blu è il nome della  teoria della visione ricostruzionista che prende le mosse dal punto in cui la nuova teoria della crescita si è fermata

Shumpeter affermava: «Ogni produzione consiste nel combinare materiali e forze che si trovano alla nostra portata. Produrre altre cose o le stesse cose in maniera differente, significa combinare queste cose e queste forze in maniera diversa»  In un’ipotetica economia basata sul modello statico, i beni vengono prodotti e venduti secondo la mutevole domanda dei consumatori ed il ciclo economico assorbe le influenze della storia, ma i prodotti scambiati rimangono sempre gli stessi, le strutture economiche non mutano, eccetera.

Schumpeter fa notare che questo modello di economia non corrisponde alla realtà e lo supera con il già menzionato approccio “dinamico”, in cui un nuovo soggetto, l’imprenditore, introduce nuovi prodotti, sfrutta le innovazioni tecnologiche, apre nuovi mercati, cambia le modalità organizzative della produzione. L’imprenditore può fare questo in quanto dispone dei capitali che gli sono messi a disposizione dalle banche, che remunera con l’interesse, ossia una parte del profitto aggiuntivo realizzato grazie all’innovazione.

La teoria delle innovazioni consente a Schumpeter di spiegare l’alternarsi, nel ciclo economico, di fasi espansive e recessive. Le innovazioni, infatti, non vengono introdotte in misura costante, ma si concentrano in alcuni periodi di tempo – che, per questo, sono caratterizzati da una forte espansione – a cui seguono le recessioni, in cui l’economia rientra nell’equilibrio di flusso circolare. Un equilibrio però, non uguale a quello precedente, ma mutato dall’innovazione. Le fasi di trasformazione sotto la spinta di innovazioni maggiori vengono definite da Schumpeter di “distruzione creatrice”, alludendo al drastico processo selettivo che le contraddistingue, nel quale molte aziende spariscono, altre ne nascono, e altre si rafforzano.

La visione ricostruzionista  indica come le conoscenze vengano applicate,  per produrre una crescita esogena a vantaggio dell’azienda. In particolare, suggerisce che tale processo di creazione può  avvenire in qualsiasi organizzazione e in qualsiasi momento,  ricostruendo a livello cognitivo i dati esistenti e gli elementi  del mercato in un modo assolutamente nuovo.

Il ricostruzionista, riconosce che la struttura e i confini del mercato esistono solo nella mente del management, i responsabili della strategia  che seguono questa visione non permettono che la struttura del mercato esistente limiti il loro pensiero. Per questi manager, fuori dalle loro aziende, esiste una domanda aggiuntiva, ancora tutta da sfruttare.  II nocciolo del problema sta in come crearla.

Per trovare la soluzione, si richiede uno spostamento dell’attenzione dall’offerta alla domanda, da un focus sulla concorrenza  ad un focus sull’innovazione di valore: cioè sulla creazione di un valore innovativo,  con  l’obiettivo  di  sbloccare  nuova  domanda .

Con un focus di questo tipo in mente, l’azienda può  sperare di arrivare  all’innovazione  giusta volgendo sistematicamente lo sguardo al di la dei confini consolidati della concorrenza  e  riordinando  gli  elementi  che  attualmente  appartengono  a  mercati  diversi  fino a ricostruirli all’interno di un nuovo spazio di mercato, capace di  generare  un nuovo livello di domanda.


Nella visione ricostruzionista,  è difficile che  un settore sia attraente  o non attraente di per se,  poiché  il livello di attrattiva del settore  può  essere  alterato   tramite  uno   sforzo  cosciente dell’azienda,  teso, appunto  alla ricostruzione.

Nel processo  di ricostruzione, cosi come viene cambiata la struttura del mercato, vengono cambiate anche le regole del gioco,   precedentemente considerate come best practices.

Stimolando il lato dell’economia del business legato alla domanda, la strategia dell’innovazione di valore espande mercati esistenti e ne crea di  nuovi.

In sostanza,  chi introduce un’innovazione di valore crea  nuova  ricchezza  invece  di  sottrarne  ai concorrenti, come insegna la tradizione ortodossa delle scienze manageriali, che in molti casi oggi inizia a diventare obsoleta.

Questo tipo di strategia consente quindi all’azienda di avviare un processo ben diverso dal  gioco a somma zero.

References

- 1997. "Value Innovation - The Strategic Logic of High Growth", Harvard Business Review 75, January–February, 103-112.
- 1998. "Procedural Justice, Strategic Decision Making and the Knowledge Economy", Strategic Management Journal, April. 
- 1999. "Creating New Market Space", Harvard Business Review 77, January–February, 83-93. -
- 1999. "Strategy, Value Innovation, and the Knowledge Economy", Sloan Management Review 40, no.3, Spring. 
- 2000. "Knowing a Winning Business Idea When You See One", Harvard Business Review 78, September–October, 129-141. 
- 2002. "Charting Your Company's Future", Harvard Business Review 80, June, 76-85 
- 2003. "Tipping Point Leadership", Harvard Business Review 81, April, 60-69. 
- 2004. "Blue Ocean Strategy", Harvard Business Review, October, 76-85. 
- 2009. "How Strategy Shapes Structure", Harvard Business Review, September, p73-80
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