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  • Vittorio A. Dublino

La Polizia orientata alla Comunità e ai suoi Problemi

la Polizia è il Pubblico e il Pubblico è la Polizia

Come si legge in "Problem Solving e Analisi Criminale Guida all’uso in 55 Steps"...

“Le teorie criminologiche classiche di solito sono di poco aiuto nell’affrontare la criminalità nel mondo reale, perchè spesso queste spiegano la propensione al crimine in fattori di causa di non facile comprensione: come ad esempio nei processi di sviluppo nella prima infanzia, nella genetica o nei processi psicologici e sociali.


Questi concetti sono lontani dalla pratica quotidiana di coloro che nella polizia vogliono capire la criminalità in un modo che consenta loro di elaborare strategie operative per controllarla.

Alcuni concetti della criminologia ambientale - una nuova disciplina delle scienze della criminalità - invece ci possono essere d’aiuto nel comprendere alcune questioni chiave, (...) come ad esempio, l'idea che definisce"Il triangolo della criminalità - questo conosciuto anche come triangolo dell’analisi del problema - che deriva direttamente da una delle principali teorie di base della Criminologia ambientale: la Teoria delle Attività Abituali.


Questa teoria che porta l'attenzione sulle caratteristiche del crimine piuttosto che su quelle dell'agente, è stata formulata dagli studiosi Marcus Felson e Lawrence Cohen e sostiene che ...

"i reati predatori accadono quando un potenziale autore di reato e un bersaglio idoneo si trovano insieme nello stesso spazio e tempo in assenza di un guardiano capace (…) laddove per 'guardiano capace' si intendono sia gli attori umani che i sistemi di sicurezza."

La teoria delle attività abituali postula per scontata l’esistenza di un potenziale autore di reato in quanto l’ingordigia e l’egoismo sono spiegazioni sufficienti per le motivazioni criminali, non distinguendo tra la vittima umana e un bersaglio inanimato: in quanto entrambi possono diventare obiettivi del delinquente.

La formulazione teorica di Cohen e Felson ha poi prodotto la prima versione del cosiddetto Triangolo della Criminalità, elaborato da John Eck, un modello simbolico che con i suoi tre lati rappresenta per ciascuno:l’autore di reato, il bersaglio e il luogo dove avviene il crimine (…)

Questo schema aiuta la polizia a pensare diversamente da quelli abituali, cioè dai modi di pensare di risolvere il problema della criminalità con azioni rivolte solo ai criminali coinvolti in un reato, concentrandosi quasi esclusivamente sul come identificare e arrestare gli autori dei reati.

L'approccio 'problem solving introdotto con il modello del triangolo , richiede invece di esplorare la definizione di soluzioni mantenendo una visione più ampia del contesto, che consideri cioè anche le vittime e i luoghi del reato”


La Teoria delle Attività abituali ha avuto una notevole influenza sugli studi nelle Scienze criminali, stimolando il successivo sviluppo teorico, generando una letteratura empirica sui modelli di criminalità e informando ipotesi per conseguenti progettazioni di strategie di prevenzione. Nonostante le già numerose applicazioni della teoria, eseguite in sperimentazioni che dimostrano, con gli esiti della ricerca applicata, come sia possibile dare impulso alla elaborazione di nuove strategie di prevenzione del crimine, fino ad oggi, le loro promettenti potenzialità rimangono ancora piuttosto inutilizzate dalla gran parte delle forze di polizia, soprattutto a causa della diffusione di barriere cognitive dovute ad una naturale resistenza ai cambiamenti.

Tuttavia, questa chiamata generale, sollevata da molti studiosi ed esperti nel campo della gestione delle forze dell’ordine, che sollecita all’innovazione degli approcci di Polizia diventa ogni giorno sempre più importante. Le recenti manifestazioni di protesta a dimostrare intolleranza nei confronti dei metodi di polizia in atto negli Stati Uniti sono un segnale evidente della insoddisfazione di molti cittadini.

Come rileva, ad esempio, in un recente articolo:“The Great Reset”, Bob Harrison - ricercatore aggiunto della RAND Corporation, con trent’anni di carriera in Polizia, già Capo di Polizia in California e responsabile del programma di laurea per i responsabili delle forze dell'ordine americane “CA Peace Officer Standards and Training's (POST) Command”-:

” il caso George Floyd e l’emergenza Covid-19 hanno amplificato l’intolleranza nei confronti della Polizia”,

con la sua riflessione egli immagina per i Capi delle Polizie un plausibile futuro nel 2030, definendo la necessità di un cambio di paradigma "perché è la società che sta cambiando."

Cercare innovazione nelle strategie per elaborare cambi di paradigma, servirà non solo per definire nuovi metodi per la prevenzione del crimine, ma saranno anche utili per definire nuovi approcci operativi capaci di incrementare anche la percezione di sicurezza nei Cittadini e facilitare l’aumento del grado di collaboratività tra le Istituzioni di Polizia e i Cittadini.

Nuovi approcci che hanno come obiettivo l’adozione di nuovi modelli utili a garantire la Sicurezza sociale basata sul concetto di ‘Polizia orientata alla Comunità e ai suoi Problemi’, cioè che mettano in condizione le forze dell’ordine di essere in grado di svolgere il loro lavoro a stretto contatto con i membri delle Comunità costruendo legami di reciproca solidarietà.

Il ricercatore all’Università di Cambridge, Uk, Justice Tankebe, che si occupa di studiare i fenomeni sociali correlati ai processi di percezione della legittimità della polizia e dello Stato e delle conseguenze sull’uso della violenza della polizia, ci ricorda:

“ (…) garantire alla polizia il diritto di esistere, il diritto di determinare l'autorità e il diritto di esercitare il potere, è una posizione o un atto basato sull'espressione di valori condivisi: un senso di allineamento morale, obbedire non è unicamente un atto costitutivo della legittimità delle autorità legali, fa parte di un insieme di idee, convinzioni e comportamenti che gli individui esibiscono in relazione a quelle autorità, che si combinano per stabilire (o negare) la loro legittimità. La legittimità della polizia non può derivare semplicemente da fattori come la sua correttezza procedurale (e, in generale, fiducia e sicurezza), né può essere istanziata solo nell'obbedienza come prerogativa, ma è in parte anche basata sulla convinzione che la polizia condivide ampiamente i valori morali dei cittadini”

Dunque un senso di valori morali condivisi e la conseguente identità di gruppo possono essere parte del diritto conferito alla polizia di possedere la necessaria, ma soprattutto una riconoscibile autorevolezza che legittimi in maniera comunemente diffusa tra tutti i cittadini il governo della legalità.

Questi obiettivi secondo i succitati esperti possono essere raggiunti diffondendo nella Comunità un senso di maggiore efficienza di una Polizia che è capace di adottare nuove strategie in linea con i correnti concetti di innovazione e sicurezza sociale, come nella prevenzione del crimine e nel mantenimento della legalità.

Una definizione formale elaborata dal docente in Giustizia Criminale Bertus Ferreira afferma :

“La polizia di comunità è la filosofia di una polizia personalizzata a servizio completo, in cui lo stesso ufficiale di polizia pattuglia e lavora nella stessa area in modo permanente da un luogo decentralizzato lavorando in una partnership proattiva con i Cittadini per identificare e risolvere i problemi insieme ai Cittadini”.

Questa nuova filosofia può essere riconducibile a due concetti:

§ Alla ‘Azione di Polizia orientata al Problema’, elaborata da Herman Goldstein negli anni ‘70, che definisce le basi per una teoria tesa ad elaborare strategie di polizia che si concentrano nell'identificazione e nell'analisi di specifici problemi di criminalità e di disturbo della sicurezza pubblica al fine di sviluppare strategie di risposta efficaci;

e

§ alla’Azione di Polizia guidata dall’Intelligence’, un pensiero che si definisce negli anni ’90 negli Stati Uniti e in Gran Bretagna allo scopo di elaborare nuove strategie capaci di impiegare in modo più efficiente le risorse di polizia disponibili, che in quegli anni iniziavano a rivelarsi insufficienti a causa del crescente divario che si andava creando tra la ‘domanda’ e la ‘risposta alla chiamata’ degli interventi di Polizia …

… elaborando in maniera evoluta i compiti di prevenzione della criminalità e il disordine, in alternativa alla loro repressione con la forza militare e la severità della punizione legale, e sviluppando in chiave moderna il concetto di vecchia data ‘Polizia per Consenso’ elaborato 200 anni fa da Robert Peel perché: ‘la Polizia è il Pubblico e il Pubblico è la Polizia’,
 

Il concetto di Polizia del Consenso venne elaborato dal Ministro degli Interni della Gran Bretagna Sir Robert Peel nel 1829 in occasione della fondazione della Polizia Metropolitana di Londra e si declina in 9 fondamenti:

1. Prevenire la criminalità e il disordine, in alternativa alla loro repressione con la forza militare e la severità della punizione legale.

2. Riconoscere sempre che il potere della polizia ad adempiere alle proprie funzioni e i suoi doveri dipende dall'approvazione pubblica della loro esistenza, dalle azioni e comportamenti e dalla loro capacità di garantire e mantenere il rispetto pubblico.

3. Riconoscere sempre che assicurare e mantenere il rispetto e l'approvazione del pubblico significa anche assicurare la volontaria collaborazione del pubblico nel compito di assicurare l'osservanza delle leggi.

4. Riconoscere sempre che la misura in cui può essere assicurata la cooperazione del pubblico diminuisce proporzionalmente la necessità dell'uso della forza fisica e della coercizione per raggiungere gli obiettivi di polizia.

5. Cercare e preservare il favore del pubblico, non assecondando l'opinione pubblica; ma dimostrando costantemente un servizio assolutamente imparziale alla legge, in completa indipendenza dalla politica e senza riguardo per la giustizia o l'ingiustizia della sostanza delle singole leggi, offrendo prontamente servizio individuale e amicizia a tutti i membri del pubblico senza riguardo alla loro ricchezza o posizione sociale, mediante un pronto esercizio di cortesia e amichevole buon umore; e mediante pronta offerta di sacrificio individuale per proteggere e preservare la vita.

6. Usare la forza fisica solo quando l'esercizio della persuasione, del consiglio e dell'ammonimento si rivela insufficiente per ottenere la cooperazione pubblica nella misura necessaria per garantire l'osservanza della legge o per ristabilire l'ordine, e per usare solo il grado minimo di forza fisica che è necessario in ogni occasione particolare per raggiungere un obiettivo di polizia.

7. Mantenere in ogni momento un rapporto con il pubblico che dia realtà alla tradizione storica che ‘la Polizia è il Pubblico e che il Pubblico è la Polizia’, essendo la polizia solo membri del pubblico che sono tenuti a prestare attenzione a tempo pieno a compiti che spettano ad ogni cittadino nell'interesse del benessere e dell'esistenza della comunità.

8. Riconoscere sempre la necessità di una stretta aderenza alle funzioni esecutive della polizia, e astenersi dal sembrare persino di usurpare i poteri della magistratura o di apparire come persone vendicatrici dello Stato, e di giudicare autorevolmente la colpa e punire i colpevoli.

9. Riconoscere sempre che il test dell'efficienza della polizia è l'assenza di crimini e disordini, e non la prova visibile dell'azione della polizia nel trattare con loro.

 

Come ha spiegato il noto storico della polizia Charles Reith nel suo 'Nuovi Studi sulla Storia della Polizia’ ...

“I principi di Peel rappresentavano una filosofia di comportamento di polizia unica nella storia e nel mondo perché non faceva leva sulla paura ma quasi esclusivamente nel cercare nei cittadini la cooperazione con le forze dell'ordine, una cooperazione indotta grazie a comportamenti intenzionali tesi ad assicurare e mantenere per loro (la polizia) l'approvazione, il rispetto e l'affetto del pubblico

Non è un caso che David Couper, per oltre venti anni capo della polizia della città di Madison, Wisconsin-USA, autore di una famosa pubblicazione che raccomandava i 7 comandamenti necessari a rendere la Polizia della nazione più efficiente, anticipando i tempi, scriveva, citando Peel, un appello al Presidente Obama sui pericoli di una eccessiva militarizzazione della polizia americana:

"Niente è più pericoloso per una democrazia della militarizzazione della sua polizia (…) la nostra polizia gioca un ruolo vitale in quello che siamo come nazione, non avremo una vera giustizia nei nostri tribunali a meno che questa non sia prima un valore operativo della polizia della nostra nazione. E’ necessario un riesame del punto in cui si trova oggi la polizia della nostra nazione, dove e come dovrebbe essere, il tipo di persone di cui abbiamo bisogno per sorvegliare e proteggere le nostre comunità e come la polizia dovrebbe essere istruita, addestrata e impiegata. Questo deve essere fatto prima che sia troppo tardi … ”

L'appello lanciato da Couper si declina oggi nel concetto di “Polizia orientata alla Comunità e ai suoi Problemi” il cui approfondimento sarà oggetto di successive riflessioni.

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